Oggi parliamo di uno dei più controversi argomenti dell’anno “lo Smart Working”.
Al di là di essere, favorevoli o contrari, cosa sappiamo davvero sullo smart working? E soprattutto come andrebbe realizzato correttamente?
Prima di tutto dobbiamo soffermarci sugli effetti a breve e lungo termine: differenti condizioni di lavoro, impatto sull’organizzazione aziendale, cambiamenti nei consumi e nelle abitudini quotidiane, cambiamento dell’impatto ambientale, nuove dinamiche motivazionali per il singolo e per il team di lavoro di appartenenza.
Lo smart working si identifica con spazi differenti dal luogo di lavoro, ma non sono strettamente legati alla propria abitazione, può prevedere abitazione di parenti, seconde case, spazi condivisi, ecc.
Un maggior spostamento da una dimensione “temporale” ad una dimensione per risultati è l’altro elemento caratterizzante dello smart working, che richiede un cambiamento culturale sostanziale.
Un supporto tecnologico adeguato è un altro dei temi caldi. Sono necessari strumenti performanti e una buona connessione per poter lavorare correttamente e senza problemi o rallentamenti.
La sicurezza sul lavoro, deve necessariamente diventare una priorità. Accertare che un posto di lavoro sia sicuro per i propri dipendenti deve presupporre forme di verifica nuove e certificate.
La dimensione personale e la contaminazione dell’ambito lavorativo con quello privato deve essere valutato. Una condizione inadeguata in termini di spazi e distrazioni potrebbe essere compensata dalla possibilità di usufruire di spazi di coworking dove lavorare in prossimità della propria abitazione.
Andrebbero evitate distorsioni dovute all’allentamento del fattore tempo e all’assenza del controllo sociale. Si lavora spesso troppo e non si ha la giusta visibilità del lavoro svolto. Un sistema di interazione e condivisione evoluto con i propri colleghi renderebbe il lavoro più trasparente ed eviterebbe il sovraccarico di attività.
Per migliorare la propria attività lavorativa bisognerebbe condividere le informazioni sulle proprie attività in ambienti digitali condivisi, gestire il proprio tempo in armonia con lo spazio personale in modo da non contaminare gli spazi personali o gli spazi di legittima disconnessione per fare attività dove si richiede concentrazione e silenzio.
Un altro elemento è la solitudine dello smart worker, a questo proposito viene in soccorso, ancora una volta la tecnologia, con strumenti che consentono stanze virtuali di lavoro o veri e propri uffici virtuali dove lavorare in compagnia, pur svolgendo ognuno le proprie attività e recuperando anche la dimensione sociale del lavoro stesso.
Ultimo, ma non meno importante è l’elemento formativo e di condivisione delle esperienze. Mai come adesso è fondamentale che la conoscenza sia circolare ed estesa ad un gruppo di persone o alla totalità della popolazione aziendale. La formazione come l’esperienza stessa realizzata sul campo, è uno dei pilastri dello smart working.
Concludendo: prima di parlare di Smart working è fondamentale approfondire ognuno di questi temi, senza i quali non si hanno elementi per pronunciarsi in merito e soprattutto per valutare se l’azienda ha raggiunto una maturazione adeguata per poterlo realizzare correttamente a tutela delle persone, delle loro famiglie e del business stesso