Dal primo aprile 2022 terminerà lo stato d’emergenza dettato dal Covid, che ha portato con sé l’applicazione di una molteplicità di restrizioni e misure, che hanno riguardato sia la vita privata che le dinamiche lavorative di tutti noi. In quest’ottica abbiamo imparato a rapportarci con lo smart working, con la cui realtà, chi più, chi meno, ci siamo necessariamente confrontati.
Secondo una ricerca condotta da Confprofessioni nel 2021 nell’ambito degli studi professionali, l’aspetto maggiormente apprezzato dello smart working si lega alla riduzione dei tempi di spostamento, affiancato, dato un po’ a sorpresa, dalla sensazione, da parte del lavoratore, di poter essere investito da una maggiore responsabilizzazione nello svolgimento della propria attività. Ma, per contro, è altrettanto importante non sottovalutare anche gli aspetti negativi, tra i quali emergono senza dubbio isolamento e spaesamento
Dato di fatto, ed indipendentemente dall’apprezzamento per lo smart working, è che il fattore tempo risulta l’elemento maggiormente valorizzato dal lavoro agile, con il lavoratore ora in grado di disporre in maniera diversa dei propri spazi extra-professionali. E’ quindi necessario, in quest’ottica, trattare la materia con dovuta attenzione, soprattutto laddove si decidesse di spingere sull’acceleratore nell’applicazione di questo strumento.
Il punto focale resta, di fatto, la necessità di mitigare i pro e i contro di una realtà, comunque destinata a prendere campo, non tralasciando quindi eventuali riflessi negativi (soprattutto se legati alla socialità). In questo senso, diventerebbe, quindi, quanto mai interessante valutare forme di supporto da parte dell’azienda nei confronti dei propri collaboratori, e che potrebbero vedere, ad esempio, negli strumenti messi a disposizione dal welfare un importante alleato.
Sport, cultura, viaggi, tempo libero nelle sue varie forme: tutte facce di una stessa medaglia sulle quali più che mai si stanno incentrando le nuove strategie aziendali, volte a sfruttare i mezzi del welfare per fornire al dipendente un necessario supporto nell’ambito del nuovo mercato del lavoro.
Parole chiave diventa quindi flessibilità, intesa sia come tempi e spazi del lavoro, sia come libera scelta del dipendente nei mezzi da scegliere nella propria vita privata. Per giungere, di conseguenza, a quel punto di equilibrio in grado di miscelare le differenti esigenze poste sul tavolo.
In definitiva, come affermato da Lorenzo Cavalieri dalle pagine de “Il Sole 24 ore”, stiamo assistendo ad una e vera e propria rivoluzione organizzativa, che ha determinato un profondo ripensamento dei canoni tradizionali, su cui da sempre abbiamo incardinato il concetto di lavoratore dipendente all’interno dell’azienda. Perché lo smart working, “responsabilizza i singoli, impone loro di relazionarsi in modo diverso, di gestire il tempo in modo diverso, di muoversi su un orizzonte imprenditoriale, dove ci si misura sugli obiettivi e sulla gestione di progetti. Non si tratta insomma di smarcare on line le proprie pratiche da casa, si tratta di abbracciare un modo completamente diverso di lavorare”.
E, con esso, poter rimodulare in maniera significativa tutto ciò che concerne il proprio spazio extra-professionale, disponendo in maniera completamente diversa del proprio fattore tempo.